Inv. Scu 13
La colonna di tipo egizio, rastremata verso il basso, è in granito d’Elba; base e capitello, lavorati a parte, erano in marmo bianco. Al di sopra di un listello corre il fregio figurato.
Sono raffigurate quattro coppie affrontate di sacerdoti o personale cultuale, in piedi su alti sgabelli, con il capo rasato e cinto di corone d’alloro. Le figure calzano sandali all’egiziana e indossano lunghe vesti accollate, nel caso dei portatori di canopi, o cinte all’altezza delle ascelle gli altri, lasciando scoperta la parte superiore del corpo.
A causa del cattivo stato di conservazione della suprficie del fusto, non è sempre possibile identificare gli oggetti offerti dai sacerdoti; la prima coppia di figure è particolarmente rovinata e l’unico dettaglio di facile lettura è il papiro portato dal sacerdote a sinistra; ugualmente difficili da leggere sono gli oggetti presentati dalla seconda coppia, la figura a destra sembra offrire un pezzo di stoffa; la terza coppia, che è la meglio conservata, si compone di due sacerdoti con canopi: il canopo sulla sinistra è sormontato dalla testa di Iside, il canopo sulla destra dalla testa di Osiride; entrambe le teste indossano corone con corna, disco solare e due piume. La quarta coppia, solo parzialmente visibile per via della posizione della colonna, comprende un sacerdote che porta un canopo con testa di Osiride e un altro che trasporta un vaso con lungo becco in cui si vuole riconoscere un vaso cultuale descritto da Apuleio.
Il tipo della colonna decorata sul fusto con bassorilievi figurati ha in Egitto una lunga tradizione in età faraonica ed è ampiamente diffuso in età tolemaica e romana, in particolare in santuari dedicati alle divinità alessandrine. Tale tipo di colonna è ampiamente testimoniato anche a livello di architettura greca di ambito microasiatico, si pensi ad esempio alle colonne del tempio di Artemide ad Efeso, di età arcaica. Le colonne capitoline rappresentano un esempio molto significativo di prodotti urbani che riprendono modelli egizi sotto diversi aspetti formali, stilistici ed iconografici.
L’impostazione in rigida veduta laterale dei sacerdoti riflette una maniera tipicamente egizia; le lunghe vesti dei sacerdoti che in età romana erano ancora di lino bianco, secondo l’uso dei tempi faraonici, e il loro capo raso sono anch’essi elementi iconografici di tipo tradizionale, che appaiono ad esempio in una serie analoga di figure nelle pitture di Ercolano, Pompei e su un rilievo del Vaticano. Le novità romane consistono invece nella corona d’alloro, negli sgabelli e nella posizione affrontata dei sacerdoti, cosa del tutto differente dalle colonne egizie, dove solitamente si trova la raffigurazione dell’incontro del Faraone con le Divinità; in questo caso sono gli stessi sacerdoti che si rendono i diretti responsabili dell’offerta.
Le colonne capitoline attestano la continuità del culto egizio in quello romano, analogamente ad altre raffigurazioni, tra cui il bassorilievo adrianeo con processione isiaca dal Vaticano, l’affresco dell’Iseo di Santa Sabina e gli affreschi campani del tempio di Iside a Pompei.
La colonna fa parte di una serie di tre esemplari dello stesso tipo rinvenuti in momenti diversi nell’area del Santuario di Iside e Serapide in Campo Marzio, a cui si deve aggiungere un quarto tronco di colonna, di ugual fattura e materiale, conservato al Museo Archeologico di Firenze.
La pertinenza delle colonne capitoline all’Iseo Campense è certa, anche se risulta difficile ricostruire la loro collocazione all’interno del santuario. Incerta è anche la datazione, che varia dall’ età domizianea (81-96 d.C.), epoca a cui risale il totale rifacimento del complesso campense, all’ età severiana, quando vi fu un ulteriore restauro del complesso architettonico.
Studi recenti sono maggiormente favorevoli nel porre la datazione in epoca severiana (193-235 d.C.), sulla base di attestazioni epigrafiche e di frammenti di decorazione architettonica di questo periodo ascrivibili al santuario.