Cratere di marmo bianco con raffigurazione di scene dionisiache

Inv. Scu 1202

Al centro di uno dei lati del cratere è raffigurata una Baccante dai capelli ondulati e annodati; la donna, con il braccio destro alzato, tiene nella mano sinistra un lembo del suo mantello, il quale scende da sopra la spalla sinistra. A sinistra troviamo un giovane Satiro nudo rivolto verso l’interno che sta guardando a destra mentre con la mano destra tenta di strappare la veste della Baccante. A destra c’è un secondo satiro nudo che guarda, in basso a destra, la pantera che è ai suoi piedi. Il braccio destro (restaurato) è alzato, il sinistro, che tiene il flauto di pan, è lasciato scivolare lungo il corpo verso il basso.

Dietro il primo satiro, a sinistra, troviamo un’analoga figura che versa il contenuto di un otre in un ampio cratere inghirlandato che poggia su una base quadrata e un piedistallo scanalato. Accanto è un puntello rotto che una volta congiungeva i manici.

Su un altro fianco del vaso troviamo due scene; a sinistra il ratto di una Baccante per mano di un barbato Pan, dietro di lei. La fanciulla tiene un lembo della veste, che scende dalla sua spalla, con la mano destra, tenuta verso l’esterno davanti a lei, ricadente in pieghe oltre i suoi piedi e le sue caviglie. Pan alza la gamba destra e butta ben indietro quella sinistra. La sua faccia è protesa verso di lei. A destra c’è invece una graziosa Baccante che danza verso sinistra e guarda dietro verso il giovane Satiro nudo, inginocchiato sulla sua sinistra e tenente in alto qualcosa nella mano destra mentre il suo braccio sinistro si estende da una parte all’altra del corpo della giovane con la mano aperta e il palmo rivolto verso l’alto.

La Baccante indossa una tunica ed un mantello che fluttua nel vento quando si muove. La sue braccia sono alzate e tengono una lira, la quale è ampiamente nascosta dal suo braccio sinistro. I manici del cratere sono restaurati, essi scaturiscono dalle teste di sileno barbato e coronato di edera, rispettivamente due per ogni lato.

Il grande recipiente, realizzato in marmo pentelico, è databile al I sec d.c.

L’opera fu ritrovata sull’ Esquilino, probabilmente nei prassi di Piazza Manfredo Fanti.