Sarcofago con rilievo raffigurante la caccia al cinghiale Calidonio

Inv. Scu 917

La facciata del sarcofago è decorata con figure che occupano tutto il campo a disposizione.

Vi si narra il mito di Meleagro e della caccia al Cinghiale calidonio, tema molto amato nella decorazione dei sarcofagi di età imperiale, poiché per il suo tramite si voleva con ogni probabilità sottolineare la virtù eroica del personaggio defunto.

Nella scena principale la composizione segue un attento equilibrio mentre quella sul lato sinistro, una caccia al leone, è organizzata come un gruppo di figure sovrapposte.

Sul lato destro è presente una scena di caccia al cervo in connessione con la facciata principale.

Sul coperchio è rappresentata la coppia di coniugi per il quale era stato commissionato il sarcofago, entrambi semisdraiati; la donna con in mano uno strumento musicale simile a un liuto. Le figure sono il prodotto di un’officina ordinaria, le teste non sono finite.

L’esecuzione del coperchio è di qualità inferiore a quella del corpo del sarcofago.

La fronte raffigura, da sinistra verso destra, un uomo barbato vestito con stivali da caccia, tunica e mantello in movimento verso sinistra ma con la testa voltata all’ indietro e nella mano destra una spada corta. La figura che segue, un giovane cavaliere che muove verso sinistra mentre volge, anche lui, lo sguardo indietro, sta in sella a un cavallo, che sembra imbizzarrito nell’atto di terrorizzare il cinghiale. Segue un uomo barbato, vestito in modo simile al primo, che reca una pietra nella mano destra e con la sinistra imbraccia lo scudo.

Al centro della scena è il protagonista, il giovane Meleagro nudo, ad eccezione di un mantello avvolto attorno al braccio sinistro, che infilza con una lancia la testa del cinghiale. Allo stesso tempo, il cinghiale è attaccato da due cani da caccia.

Sullo sfondo, in mezzo a questo gruppo, una ragazza, Atalanta, vestita come Artemide con una tunica che arriva fino al ginocchio e un mantello legato intorno alla vita, è rappresentata mentre afferra una freccia dalla faretra e con la sinistra tiene l’arco. Indossa stivali da caccia con i lacci legati a fiocco sullo stinco e ha i capelli ondulati e raccolti in due corna.

Sopra il cinghiale sullo sfondo è un secondo cavaliere vestito con una tunica cinta in vita, un mantello che si muove al vento e gli stivali da caccia. Tiene le redini con la sinistra e una lancia spezzata con la destra. Il cavallo è coperto dalla pelle di una belva, legata intorno al collo. La scena si chiude con un uomo barbato, vestito come il primo all’estrema sinistra, che guarda a sinistra e brandisce con la mano destra una spada. Con la sinistra tiene un lembo della veste.

Nella parte inferiore del sarcofago, alla sinistra del cinghiale, un cane con un collare ha preso una lepre accovacciata e sullo fondo c’è un’antilope caduta.

Il lato destro raffigura due uomini barbati, come barbari, vestiti con tuniche con maniche e cinte alla vita. Indossano stivali e camminano uno dietro l’altro verso sinistra. Sostengono una grande rete da caccia piegata in un rotolo e i bastoni su cui la rete è stata assicurata.

Sullo sfondo e’ un albero. Compaiono anche un cervo in agonia, trafitto alla gola da una lancia, e un numero di altri animali introdotti a riempire lo spazio in maniera disordinata e illogica. A terra un cane con il collare ha catturato una lepre e gli morde la testa. Tra le gambe dell’uomo sulla destra una capra è caduta ferita e guarda in alto per il dolore.

L’opera si data alla prima metà del III secolo d.C. (201-250 d.C.)

Il sarcofago fu ritrovato sulla Via Valeria, nel tratto che da Tivoli porta a Vicovaro.