Lupa capitolina

Inv. Scu 1181

Statua in bronzo, di dimensioni maggiori del vero, realizzata con la tecnica della fusione a cera persa di tipo diretto in un unico getto.

La sua provenienza è sconosciuta, ma le analisi delle terre di fusione ancora in parte presenti all’ interno consentono di ipotizzare la sua realizzazione nella bassa valle tiberina, area che comprende anche il territorio di Roma, e con metallo proveniente dalla Sardegna.

Sin dall’antichità l’immagine della lupa che allatta i gemelli è stata associata al mito di fondazione della città di Roma.

Fu rappresentata sin dall’età repubblicana

anche sulle monete con esplicito richiamo all’ identità della nazione che si andava estendendo progressivamente oltre i confini della città

La datazione dell’opera, tradizionalmente oscillante all’ interno della prima metà del V secolo a.C., con numerosi confronti nelle produzioni figurate italiche e greche, è stata rimessa in discussione dal risultato di analisi al Carbonio14 eseguite su materiali organici conservati all’ interno dei resti di fusione, che ne porterebbero la datazione ad età medievale.

A sostegno di questa cronologia moderna è stata portato anche il trattamento della finitura della superficie, meno raffinato di quello dei grandi bronzi dell’antichità, mentre contro questa ipotesi sono la bassa percentuale di piombo, che non si riscontra nei bronzi successivi all’ età antica e il sottile spessore del metallo.

La diatriba sulla datazione dell’opera si protrarrà inevitabilmente, poiché l’assenza dei dati sulla sua originaria provenienza e sulle condizioni in cui l’opera fu conservata fino alla donazione del 1471 non permettono al momento di stabilirne l’esatta collocazione storica, ma contribuisce ad aumentare l’alone di fascino e di mistero.

La Lupa faceva parte del gruppo di bronzi antichi donato al Popolo Romano nel 1471 dal Papa Sisto IV, che viene considerato la prima raccolta pubblica di opere d’arte dell’era moderna e costituisce il nucleo originario dei Musei Capitolini.

Nel Medioevo si trovava sulla facciata dei Palazzi Lateranensi.