Inv. Scu 1179
La statua, in marmo bianco a grana fine, rappresenta una figura femminile riccamente abbigliata interpretabile come un’esponente dell’alta aristocrazia o, più probabilmente, una divinità la cui identificazione resta incerta viste le consistenti lacune. Un foro circolare visibile sulla spalla sinistra, con tracce di un perno in ferro, fa presumere la presenza di un voluminoso oggetto che la figura doveva tenere nella mano sinistra e che, levato verso l’alto, si appoggiava alla spalla. L’ipotesi che potesse trattarsi di una cornucopia identificherebbe il personaggio con la dea Fortuna o con una imperatrice nelle sembianze della dea.
La solennità della figura è data dalle vesti sontuose, scolpite in modo da rendere la diversa consistenza dei tessuti, lievi e impalpabili per le due tuniche, pesante per il lungo mantello. L’abbigliamento consiste in una tunica con maniche lunghe e aderenti alla quale si sovrappone una seconda veste stretta sotto il seno da un’alta cintura. Un ampio mantello, poggiato sulla spalla sinistra, gira sulla schiena e cinge la vita sul davanti, ricadendo oltre il braccio sinistro che lo sorregge. L’abbigliamento è completato da calzari chiusi su alta suola.
La frontalità dell’immagine è animata da un impercettibile e brevissimo passo suggerito dalla posizione delle gambe, tesa la destra e arretrata e leggermente flessa la sinistra.
Lo stile dell’opera, l’ampio lavoro di scalpello che modella le pieghe e l’uso ridottissimo del trapano corrente, che conferisce qualche accenno coloristico soprattutto nelle pieghe più voluminose, sembrano riferirsi a una lavorazione ancora del I secolo d.C.
Il luogo di ritrovamento della statua, scoperta occasionalmente nel 1953 in via della Vite durante lavori per l’apertura di un cavo, riporta al tempio del Sole, un complesso monumentale di grandi dimensioni costruito dall’ imperatore Aureliano tra il 273 e il 274 d.C., dopo la conquista di Palmira. La dedica al Sol invictus evocava l’antico culto orientale di Ba’al.
L’interpretazione come Fortuna, ovvero come membro dell’alta aristocrazia o della famiglia imperiale in veste di Fortuna, si lega verosimilmente alla politica annonaria di Aureliano che, nel corso del suo breve regno, fece al popolo romano numerose elargizioni di pane, vino, carne di maiale e sale. La statua, dunque, potrebbe essere stata riadoperata in questo periodo nelle sue sembianze divine originarie o modificandone la testa, purtroppo perduta, con un ritratto.