Statua di Apollo raffigurato nel tipo dell’Omphalos

Inv. Scu 638

Proveniente dalla Collezione Albani, quella Capitolina è una copia romana di buona fattura da un originale greco.

Alcuni studiosi vi riconoscono l’ Apollo Alexìkakos, allontanatore del male, votato ad Atene per la guarigione dopo la pestilenza del 430-427 a.C.; altri vi individuano come prototipo l’Apollo scolpito da Onata di Egina (490-460 a.C.).

In realtà si tratterebbe dell’Apollo dell’ Omphalos, così chiamato perché in una delle copie più integre, esposte al Museo di Atene, è conservata la roccia (ricoperta da rete) venerata a Delfi: in greco omphalòs .

La figura è impostata con il peso retto dalla gamba destra, la sinistra arretrata e lievemente scartata di lato. Il lieve sbilanciamento dell’anca sulla destra è compensato dal movimento delle braccia, che si aprono parallele al corpo; la testa è appena ruotata sulla destra.

Il volto dal bell’ovale allungato, dominato dal taglio degli occhi e dalle labbra appena dischiuse, è incorniciato da una massa di capelli lavorati a ciocche minute e parallele, che ricadono sulla fronte in una frangia mossa e tradiscono la derivazione da un originale bronzeo di stile severo.

Al di sopra delle tempie, sui capelli corre una doppia treccia, molto sottile.

L’originale, di cui sono note oltre una ventina di copie di età romana, è stato riconosciuto come opera di stile severo (470-460 a.C.), forse attribuibile a scuola eginetica.

L’opera, una replica di età imperiale (1-118 d.C.),  fu rinvenuta probabilmente a Roma.