Inv. Scu 237
Il frammento era originariamente pertinente ad una statua di dimensioni colossali, che raffigurava Ercole in lotta con l’ Idra di Lerna .
Il corpo serpentiforme del mostro è coronato da una protome femminile con la bocca spalancata e distorta dall’agonia e i capelli a testa di serpente. All’interno dei minuscoli fori sulla fronte erano probabilmente inseriti piccoli serpentelli in metallo. Le spire dell’idra sono avvolte attorno alla gamba di Ercole, tagliata all’altezza della coscia, e al supporto in forma di tronco d’albero; l’eroe le schiaccia con l’intera pianta del piede.
Il frammento venne restaurato nel XVII secolo, probabilmente dallo scultore Alessandro Algardi, in modo tale da poter essere adattato al torso di Ercole ora esposto sulla sinistra (Scu 236) e raffigurante Eracle e l’idra; per ragioni ad oggi ignote lo scultore seicentesco preferì adattare il torso ad una nuova scultura modellata sul frammento antico che, dunque, rimase inutilizzato.
Il frammento, databile al II secolo d.C., è la rielaborazione romana di un originale greco attribuibile a Lisippo che, stando alle fonti antiche, scolpì l’intero ciclo scultoreo dedicato alle fatiche di Ercole.
La scultura sarebbe stata rinvenuta nei pressi della chiesa di Sant’Agnese sulla via Nomentana, a pochi anni dal rinvenimento del torso di Ercole esposto sulla sinistra (Scu 236). Tale circostanza fa pensare che le due opere facessero parte di un unico ciclo scultoreo.
Il frammento entrò a far parte della collezione Verospi prima di essere acquistato da Clemente XIII per il Museo Capitolino nel 1738; è stato a lungo esposto nell’Atrio del Palazzo Nuovo prima di essere trasferito nella Galleria.