Inv. Scu 1137
La testa di centauro, più grande del vero, è sollevata e volta a sinistra, come si vede dalla torsione esasperata del collo.
Il trattamento selvaggio della barba e della capigliatura, rese con un marcato effetto chiaroscurale, esaltano il tormento del viso, magro e profondamente segnato. Ne risulta un essere semi-animalesco selvatico ma, allo stesso tempo espressivo di pathos drammatico, rivolto al suo antagonista.
Il volto non è simmetrico; le singole parti, infatti, non seguono una logica strutturale ferrea, ma sono rese come se mancassero di un’organica impalcatura ossea, con ricercati effetti disarmonici e contrasti violenti. Le labbra sono leggermente aperte e lasciano intravedere la dentatura; le orecchie appuntite sono rivolte in avanti, le sopracciglia aggrottate nascondono gli occhi infossati.
La testa è stata riconosciuta da alcuni come originale pergameno, da altri come una copia della stessa temperie artistica. In realtà l’ispirazione “barocca”, così evidente nel centauro, si deve ascrivere alla bottega di artisti rodii che eseguivano opere originali e lavoravano nelle sedi abitate da Tiberio , al servizio stesso dell’imperatore.
L’ipotesi è corroborata dal luogo di rinvenimento di questo documento. La stessa bottega deve aver eseguito le opere del gruppo di Sperlonga, delle quali soprattutto la testa di Ulisse mostra affinità notevoli con il centauro per lo stile sia nella struttura sia nei dettagli.
La testa venne ritrovata nei pressi di Piazza Vittorio Emanuele II sull’Esquilino, mentre le parti in gesso, del precedente restauro, sono state rimosse.