Tondo marmoreo con testa maschile in rilievo

Inv. Scu 702

Tondo marmoreo con volto maschile a rilievo. Il volto a tutto tondo, rivolto di lato, è caratterizzato da una folta e scomposta capigliatura e da una mossa barba a corte ciocche. Le sopracciglia arcuate conferiscono al viso una intonazione vigorosa e patetica. La nuca è in parte coperta dalla testa di un cinghiale, di cui è resa a piccoli tratti paralleli la peluria superficiale. Tale elemento potrebbe portare ad una identificazione con Meleagro, l’eroe che aveva guidato la caccia al temibile cinghiale calidonio.

L’accesa pateticità del viso è identificata dalla bocca dischiusa, con i denti visibili, che nella conformazione attuale è frutto di un restauro, attuato verosimilmente in concomitanza con l’apertura sul retro del medaglione di un largo foro, che attraversa l’intero spessore del rilievo e che può forse riconnettersi ad una fase di utilizzo del pezzo come bocca di fontana; ai lati della testa si osservano due incassi rettangolari praticati nel piano di fondo e destinati con ogni probabilità ad accogliere grappe metalliche che ancoravano il tondo ad una parete.

La validità dell’identificazione è comprovata dalla presenza di una testa di Meleagro tra le sculture di Villa d’Este, acquistate nel 1753 da Benedetto XIV, che ne commissionò il restauro a Bartolomeo Cavaceppi. Il pezzo,che è stato variamente identificato dai commentatori ottocenteschi come un Fauno o come Tideo, ha ricevuto scarsa attenzione da parte della critica più recente, che lo ha sempre valutato come moderno.

La presenza della scultura nella collezione d’Este sin dal 1568 invita ad attribuirla ad un artista, di ambiente romano, attivo negli anni centrali del Cinquecento: il suo apparente aspetto barocco, che ad un primo esame sembrerebbe presupporre l’esperienza berniniana, deve in realtà imputarsi alla ripresa di formule patetiche, già peculiari delle creazioni antiche, da cui lo scultore può aver tratto ispirazione; sebbene non sia individuabile uno specifico modello di riferimento, appare chiaro infatti che egli rielabora spunti derivanti da opere di scuola rodio-pergamena celeberrime nella cerchia degli artisti cinquecenteschi.

Depongono a favore di una fattura in epoca postantica l’assenza di confronti nel repertorio di immagini dell’età classica, che non conosce quella dell capo rivestito da una testa di cinghiale, nonchè la tipologia del tondo; nelle immagini clipeate antiche, la raffigurazione è racchiusa entro una cornice a rilievo.