Inv. Scu 4
Si tratta di due statue speculari che raffigurano Pan, il dio greco della vita campestre e della natura, collegato al culto di Dioniso.
Il dio, come di consueto, è raffigurato con zampe e corna caprine, zoccoli e la parte superiore del busto in forma umana. L’alternanza di piani levigati in contrasto con superfici chiaroscurate coperte di peli arruffati fa risaltare la doppia natura umana e ferina.
A tracolla sul busto indossa una pelle di pantera; nella mano destra, abbassata e vicina al fianco, regge un grosso grappolo d’uva. Il suo braccio sinistro è sollevato a reggere sul capo un canestro colmo d’uva, circostanza indicata da alcuni come indizio del fatto che, in origine, la scultura svolgeva la funzione di sostegno architettonico (telamone). Lo spessore minimo delle lastre e la larghezza delle stesse, ridotta rispetto all’ingombro della figura, suggeriscono piuttosto il loro inserimento all’interno di una muratura o l’allettamento in un’altra superficie marmorea indicando un continuo decorativo del quale le sculture dovevano essere parte: più che telamoni, quindi, potrebbero essere stati elementi portanti-decorativi di un complesso monumentale.
La statua è speculare a quella posta a sinistra del Marforio e presenta fattezze simili anche se non uguali: le due statue differiscono nel tipo di marmo, nelle dimensioni e nella resa dei particolari e del rilievo, molto meno curato nell’esemplare davanti a noi. Potrebbero essere state prodotte da scultori diversi operanti nella stessa bottega oppure dalla stessa mano ma in due momenti diversi.
Nel caso della scultura che stiamo osservando, poi, la parte superiore appare quasi completamente ricostruita nel corso di un restauro antico: la cesta, la testa, una parte del tronco, anche il pilastro è ricomposto da tre blocchi. Secondo alcuni studiosi il restauro venne effettuato nel corso del II sec. d.C., forse in occasione della risistemazione delle lastre-pilastro all’interno di un edificio nuovo o restaurato.
A lungo si è ritenuto che le due sculture provenissero dal teatro di Pompeo riconducendo, erroneamente, al loro ritrovamento il toponimo “piazza dei Satiri” attestato, in realtà, molto più tardi, dalla metà del ‘700.
Negli studi più recenti non si dispone di elementi sicuri circa la loro provenienza dal Teatro di Pompeo e risulta molto difficile riferire il loro ritrovamento ad una delle tante proprietà dei della Valle.
Le due sculture sono note con il nome di Satiri della Valle, per essere state a lungo nel cortile del Palazzo della Valle (non lontano da piazza Navona) divenendo motivo di attrazione e ammirazione per artisti e viaggiatori del ‘500. Per un breve periodo nel 1513 furono poste nell’arco di trionfo eretto su via Papale per tornare, poi, nel Palazzo della Valle. Dopo essere transitate nella collezione del Cardinale Alessandro Albani, nel 1734 le due statue furono collocate a Palazzo Nuovo ai lati della fontana del Marforio.