Diana e Endimione

Pier Francesco Mola (Coldrerio, Canton Ticino 1612 – Roma 1666)

olio su tela, cm. 148 x 117

1660 circa

Inv. Pc 149

Citato negli inventari Pio come opera del Mola, questo dipinto come ben identificò Voss (1910) è testimoniato nella vita dell’artista redatta da Lione Pascoli (1730-36)

Bonaventura Argenti, personaggio di spicco nell’ambiente romano di secondo Seicento, era cantore della cappella pontificia ma anche competente esperto di pittura e collezionista, legato all’ ambiente dei Pio e al pittore Giovanni Bonati.

La conferma dell’identificazione del quadro capitolino con quello eseguito per il musico venne confermata dalla pubblicazione nel 1987 dell’inventario dell’eredità dei suoi beni dove compare “un quadro, di un’ Endimione, cornice dorata, di Francesco Mola” lasciato in eredità a Luigi Pio”.

Nel dicembre del 1697 il dipinto è esposto tra i quadri Pio nella mostra annuale di San Salvatore in Lauro.

Per il quadro capitolino il modello iconografico va ricercato nell’affresco di identico soggetto dipinto alla fine del Cinquecento da Annibale Carracci nella volta della Galleria Farnese, dove compaiono il cane e il cupido che impone il silenzio. E’ d’altra parte ovvio come la Galleria di Palazzo Farnese costituisse per gli artisti del Seicento un obbligato punto di riferimento.